martedì 16 dicembre 2008

Riflessione: il formatore con l'Anima


Molte volte penso a come un formatore venga visto dall'esterno, cioè come venga vissuto questo contatto da parte dell'aula.

Credo che di veri formatori ce ne siano pochi; con questo non voglio dire la solita banale frase ma credo che l'arte di essere formatore sia veramente frutto di tanta esperienza. Non esiste sicuramente una ricetta, che punto per punto spiega come condurre e interessare l'aula; esiste invece per me "un'anima" del formatore, una spinta interiore che aiuta il formatore stesso a coquistare la Sua aula quasi in modo naturale.

Voi che ne pensate?

lunedì 15 dicembre 2008

L'analisi transazionale nella formazione


Leggendo i post sul blog di Elisa(http://bastiely.blogspot.com/), mi è tornato in mente un libro che parla appunto dell'analisi transazionale ma riferita al contesto della formazione.

Il libro si intitola:" L'analisi transazionale nella formazione degli adulti. Manuale ad uso dei formatori" scritto da Maurizio Castagna.

IN BREVE:
Spiega ai formatori come realizzare una formazione sui comportamenti organizzativi in modo efficace e serio, utilizzando, unitamente alle competenze classiche del progettista e del docente, l’analisi transazionale

PRESENTAZIONE:
Questo libro si propone di spiegare ai formatori come realizzare una formazione sui comportamenti organizzativi in modo efficace e serio, utilizzando, unitamente alle competenze classiche del progettista e del docente, l'analisi transazionale.
Non è un testo sull'analisi transazionale e neanche un testo per psicologi. Non ne viene illustrata la teoria, che viene data per conosciuta nelle sue linee essenziali, ma viene evidenziata l'utilità e l'importanza di questo approccio per la formazione.
Gli autori intendono condividere i vantaggi espressi da partecipanti e formatori, aziendali e no, nel corso dei numerosi seminari tenuti sull'argomento, fornendo ai diretti interessati qualche idea progettuale in più.
Questo libro vuole quindi essere:
- un manuale teorico pratico. Teorico perché vi sono parecchie considerazioni metodologiche; pratico perché si parla di come in concreto realizzare dei seminari, gestire le esercitazioni, ecc.;
- destinato ai formatori. Vi sono descritte le modalità utilizzabili per realizzare seminari di formazione, per gestire la relazione d'aula e, più in generale, per impostare un programma formativo;
- indirizzato in particolar modo agli interessati a progettare seminari di comportamento organizzativo.
Maurizio Castagna (Milano 1947), laureato in Economia all'Università Cattolica ed in Psicologia a Padova, dal 1972 si occupa di formazione e sviluppo delle risorse umane, prima all'interno di grandi aziende, poi come consulente. Oggi è partner di MIDA spa, nota società di consulenza milanese, si interessa di progetti di formazione manageriale e di formazione quadri destinati ad aziende manifatturiere, commerciali e di servizi. Ha pubblicato i volumi Progettare la formazione (1988); La lezione nella formazione degli adulti (1998); Esercitazioni, casi e questionari (2001); Role playing, autocasi ed esercitazioni psicosociali (2001) e, in collaborazione con R. Costantini, Gestire le riunioni (1996), tutti editi da Franco Angeli.


domenica 14 dicembre 2008

Uno strumento creativo per la formazione: il Metaplan


La prima reazione di chi entrasse in un'aula in cui si svolge una sessione Metaplan®, con 40-50 persone che si trovano animatamente immersi nella discussione, potrebbe essere di vero sconcerto. Potrebbe vedere infatti tutta una serie di piccoli o piccolissimi gruppi di 3-5 persone tutti vocianti e stretti insieme in varie parti della sala davanti a grandi tabelloni di carta da pacco grigia su cui stanno grappoli di cartellini di colore, forma e dimensioni differenti tra loro, alcuni riuniti e cerchiati di nero altri punteggiati di pallini adesivi verdi e rossi diffusi qui e là.
Avrebbe certamente l’impressione di una grande confusione se non proprio di anarchia con tutti che parlano nello stesso momento, chi in piedi chi seduto, insomma gli sembrerebbe di trovarsi in una specie di asilo infantile dove al posto dei bambini ci stanno gli adulti e in cui la situazione, pur in una corale e palpabile partecipazione di entusiasmo, si trova assolutamente fuori controllo.
Ma come si comprende facilmente, tutto questo non sarebbe puramente accidentale, al contrario farebbe parte di un copione rigorosamente scritto e recitato in cui il tempo e lo spazio sono stati pensati e vengono gestiti con scopi precisi : generare idee, stimolare analisi, produrre piani di azione. Si tratta, in effetti, di un particolare processo di comunicazione di gruppo appositamente predisposto per favorire nel più breve tempo possibile il conseguimento del consenso di tutti i componenti di un gruppo su uno o più azioni da intraprendere.
Possiamo dire che si configura, in qualche modo, come una strana combinazione tra una forma strutturata di Brain-storming e una di gestione di dinamica di gruppo con lo scopo esplicito di ottenere insieme massimo coinvolgimento e massima creatività da parte di tutti.
Metaplan® oggi rappresenta una modalità di analisi organizzativa orientata al compito molto diffusa nella formazione d’impresa, sia a livello di top management (ad esempio, nel caso di ricerche di qualità dei servizi ai clienti), sia con reparti di officina (quando è necessaria un’analisi dell’efficacia di un processo di lavorazione), sia anche con gruppi di progetto che studiano azioni e percorsi innovativi all’interno dell’organizzazione.
Ma cos’è in concreto Metaplan®? Proviamo a capirlo meglio guardandolo un po’ più da vicino.
é certo che Metaplan® non si comprenderebbe bene senza risalire alla storia personale - e per certi versi anche aziendale - dei due fratelli tedeschi Schnelle ed in particolare di quello dei due, Eberhard Schnelle, che a partire dagli anni del servizio militare svolto durante quella grande tragedia che fu la seconda guerra mondiale, ebbe modo, sperimentando sulla propria pelle il clima di un regime autoritario, di sviluppare in quell’esperienza le sue prime riflessioni sull’importanza delle dinamiche dei rapporti gerarchici nei processi comunicativi.
E fu proprio a seguito di queste riflessioni che alla fine della guerra i due fratelli, titolari di una fabbrica di mobili per ufficio, si resero conto viaggiando per affari di quanto fosse determinante per la vendita dei loro prodotti non solo saper rispondere alle necessità e ai naturali interessi dei clienti ma anche e soprattutto saper intervenire sulla stessa concezione di ambiente di lavoro per meglio renderlo favorevole alla produttività aziendale. Da qui l’interesse dei due per ambiti di studio quali la psicologia, la sociologia e l’urbanistica, studi che in breve li portarono ad intendersi molto bene di processi e di dinamiche di gruppo e di elaborazione di strategie organizzative all’interno di un’azienda.
é in tale contesto che nasce l’ispirazione che avverrà da lì a poco l’elaborazione di quell’insieme di tecniche di gestione di gruppo e di analisi organizzativa note oggi come approccio Metaplan®, una metodica di processo orientata all’ottimizzazione dei flussi comunicativi intra-aziendali e in grado di intervenire su fattori di strategia come gli obiettivi di impresa, i modelli organizzativi o gli schemi comportamentali.
L’assunto di base di Metaplan® stabilisce che il soggetto (o anche il decisore) di un cambiamento deve essere direttamente coinvolto nella fase di analisi e in quella di progettazione delle azioni per rendere più efficace la fase di implementazione dello stesso cambiamento.
é evidente che l’assunto presuppone un modello di coinvolgimento personale che sia in grado di stimolare creatività individuale ma anche di organizzare efficacemente i risultati ottenuti. Il successo del metodo Metaplan® sta proprio in questo, in una originale e determinante tecnica di visualizzazione del problema in modo tale da consentire a tutti gli attori coinvolti nel processo di vedere, esaminare, discutere e scegliere gli elementi utili e di condividerne le soluzioni. Ma ecco come si avvia un tipico scenario Metaplan®.
Se all’interno di una organizzazione si decide di attivare un processo di analisi orientato a produrre cambiamento in un particolare settore, il responsabile riunisce tutti i protagonisti chiave (un gruppo, ad esempio, di trenta persone), in una grande sala in cui siano stati eliminati eventuali tavoli. Ciascuno disporrà di una sedia e di alcuni pennarelli colorati. Da qualche parte ci sarà una grossa scatola contenente pacchi di cartellini di varia forma, colore e dimensione e poi spilli, pallini adesivi e soprattutto una serie di grandi tabelloni molto più grandi di quelli di una lavagna a fogli mobili fatti di carta da pacco grigia.
L’attività a questo punto segue uno sviluppo che può essere rappresentato da una sequenza come quella riportata in modo analitico nella Tabella A. Tutta la sequenza è suddivisa in due blocchi, il primo nel quale si sviluppa il momento della creatività e della selettività, il secondo nel quale di approfondiscono i problemi specifici e si stabiliscono le azioni da intraprendere.
Come si vede la logica sottesa dal metodo, oltre che presupporre un insieme di tecniche comunicative, rappresenta un vero e proprio sistema concettuale che facilita la comunication flow all’interno del gruppo con l’obiettivo principale di ridurre al minimo da una parte l’interazione sterile dall’altra la genericità dei contributi.
Secondo quest’ottica la comunicazione diviene effettivamente efficace solo a patto che siano dati a tutti uguali opportunità di influenzare quanto accade all’interno del gruppo. Si tratta quindi di creare una condizione che trasformi l’incontro in un mondo a sé, in uno spazio ispirato alla maièutica in cui l’interazione comunicativa evolva come dialogo nel quale ciascuno acquista coscienza delle convinzioni che si formano nella sua mente.
Molti tentativi di intervento in azienda, in effetti, pur attentamente programmati finiscono male, nonostante tutti i migliori propositi, proprio per l’incapacità di gestire i contributi di ciascuno e l’esito è tale che i partecipanti non solo non arrivano a nessuna conclusione ma percepiscono nettamente la sensazione di essersi persi per strada o di avere perso inutilmente tempo.
Il metodo Metaplan®, invece, è stimolante e rafforza un processo di apprendimento creativo che sviluppa progettualità e offre percorsi e soluzioni concretamente legati all’ambiente di lavoro. Tutte le soluzioni previste dal metodo sono funzionali al raggiungimento di questi obiettivi: l’azione di stimolo del moderatore e le sue domande vengono formulate in modo da far emergere le diverse opinioni del gruppo - è così che nasce la curiosità ma anche la tensione di chi la pensa come me e di chi la pensa diversamente da me - .
Il metodo, molto più noto nel mondo per le sue tecniche di visualizzazione (tabelloni, cartellini, marker colorati, ecc), è in effetti fondato su un insieme di tecniche di moderazione, ovvero di tecniche raffinate volte a stimolare una modalità di interazione mirata all’assolvimento del compito che un gruppo si propone in un contesto stimolante di vero e proprio problem solving.

Per tale ragione Metaplan® può essere utilizzato efficacemente per il raggiungimento di scopi diversi, il miglioramento organizzativo o l’elaborazione di soluzioni strategiche in azienda (cerchi metaplan®, workshop metaplan®, mercati dell’informazione), l’accrescimento di conoscenze/competenze del personale (seminari metaplan®) oppure ancora l’elaborazione di soluzioni nel campo della ricerca operativa.

Il punto forte di Metaplan® sta indubbiamente nell’aver colto la straordinaria potenzialità della comunicazione di gruppo quando gli elementi orali vengono integrati con quelli visivi. Si tratta di un vero e proprio linguaggio che si fonda sulla capacità costruttiva dei registri percettivi acustici e di quelli visivi grazie ad un insieme codificato di materiali e di regole d’uso appositamente progettati come i grandi rotoli di carta, i cartellini geometrici di diverso colore e dimensione, i pennarelli colorati, i bollini adesivi, ecc.

Con l’ausilio del moderatore il gruppo trascrive/traduce i contributi verbali o scritti su superfici scenografiche in cui si delineano schemi geometrici come reti, diagrammi ad albero, liste graduate, cluster, ecc. in modo che in ogni caso sia sempre visibile sullo sfondo un sottile ma resistente filo rosso che visualizza il dibattito in corso. La funzione del moderatore, da questo punto di vista, è cruciale. Il moderatore deve usare il materiale, le regole e le procedure di Metaplan® con competenza, flessibilità e autorevolezza finalizzando la sua azione a:

- disporre di un ambiente che favorisca la creatività e la distensione;
- disporre che lo scenario risulti essenziale e di facile comprensione per tutti;
- fare chiarezza sugli obiettivi e le aspettative del gruppo;
- evitare il costituirsi di ruoli primari e ruoli secondari;
- ottenere il massimo da ciascuno senza perdersi nel caos;
- favorire l’identificazione dei risultati raggiunti in relazione agli obiettivi/aspettative prefissati.

Il clima e lo stile di lavoro, infatti, sono un fattore scenografico strategico. Lo spazio di lavoro deve costituire un contesto ideale, una sorta di habitat in grado di mettere a proprio agio tutti i partecipanti. Per cui il concetto di moderazione equivale a creare le condizioni per fare comunicare e cooperare le persone più diverse facendole partecipi in un processo che metta a frutto esperienze ed idee personali. Ma l’approccio Metaplan® permette anche di legittimare il diritto al dissenso proteggendo con apposite soluzioni tecniche (come l’uso del flash segnato con un marker rosso sul cartellino che espone un’idea non condivisa) l’anonimato del dissenziente.

In uno scenario Metaplan®, ogni discussione si svolge seguendo un percorso la cui struttura anche se apparentemente caotica, è invece scandita come si può rilevare dalla tabella riportata, da una serie rigorosa di fasi di lavoro - ora individuali ora collettive - che partendo dall’introduzione del metodo e della teoria, attraversano l’analisi del problema, il lavoro nel grande gruppo (o plenum) e nel piccolo gruppo e poi la discussione delle soluzioni proposte, la predisposizione delle sintesi dei risultati e infine il piano di attività per la prosecuzione del lavoro.

Il moderatore prepara in anticipo le domande chiave la cui risposta tocca tutti i presenti. é questa una delle soluzioni più sofisticate del metodo. L’identificazione di ciascuno con il gruppo passa attraverso l’interazione stimolata e guidata del moderatore. Con le sue domande incentiva l’autoriflessione sulle resistenze presenti creando il presupposto per una attività di problem-solving.
Di fatto al gruppo non viene assegnato un obiettivo ma un compito in modo tale che la definizione dell’obiettivo diventi parte integrante dello stesso processo di problem-solving nel quale ciascuno impara ad utilizzare in positivo la forza dell’atteggiamento dubitativo e a diffidare delle certezze assolute.

In Germania dove Metaplan® è nato la pratica del metodo e delle sue particolari tecniche di moderazione è considerata da tempo obbligatoria nella formazione dei formatori di impresa e non è singolare il fatto che questo metodo si sia sviluppato proprio in questo paese dove è molto diffusa la valenza culturale dello sforzo collettivo inteso essenzialmente come valore - porre la collettività al di sopra dell’individuo significa automaticamente ridimensionare il potere gerarchico individuale - . Gli individui infatti agiscono di norma in un quadro di strutture per loro familiari e che loro stessi hanno contribuito a creare spesso per vantaggio individuale anche se al servizio della stessa organizzazione di appartenenza. Capita perciò che spesso si persista a voler conservare queste strutture anche quando non rispondono più ai bisogni solo perché qualunque cambiamento porta inesorabilmente all’incertezza e all’insicurezza.

Per tale ragione, un cambiamento organizzativo all’interno di un’azienda presuppone sempre un attacco in profondità alle resistenze esistenti nella stessa organizzazione proprio perché la resistenza al cambiamento socio-organizzativo segue questa semplice regola. é necessario quindi saper analizzare bene queste strutture per poterle adeguatamente integrare nei processi di trasformazione.
L’applicazione di Metaplan® permette di conseguire facilmente e rapidamente questo obiettivo.

é chiaro che esistono numerose strutture che contribuiscono manifestamente alla continuità dell’organizzazione e ce ne sono alcune che non si riesce a cambiare se non al prezzo di sforzi considerevoli e solo su tempi lunghi : si tratta di strutture come la composizione del personale, la provenienza e l’esperienza delle persone, i prodotti dell’azienda, ecc. Altre invece risultano più facilmente modificabili, come la struttura gerarchica, la ripartizione delle funzioni, la diffusione dell’informazione.

Ma si badi bene. Le organizzazioni riposano anche su strutture di cui le persone non hanno chiaramente coscienza o di cui non si parla mai, come gli stili di pensiero o le differenze di atteggiamenti mentali dovuti all’appartenenza generazionale o a classi sociali o infine quelle costituite dalle costellazioni di interessi, giochi di potere o strategie di micro-politica. Ecco perché è molto importante che le persone interessate al cambiamento si rendano conto di ciò che sono i rapporti di forza e il modo in cui è possibile modificarli nel quadro del cambiamento che si intende produrre.

In tale contesto una seria analisi delle strutture socio-organizzative deve poter chiarire i seguenti punti:

- quali persone, quale gruppo afferma la necessità del cambiamento e in nome di quali interessi?
- quali risorse di potere entrano in gioco o possono essere mobilizzate?
- quali ambiguità appaiono anche mentre lo scenario della necessità del cambiamento sembra indispensabile?
- quali tattiche di micro-politica vengono attivate sia per evitare il cambiamento che per provocarlo?
- quali sono le differenze tra il necessario o il desiderabile, tra il possibile o il realizzabile?

Il metodo Metaplan® consente un tipo di analisi organizzativa che facilita grandemente i processi di cambiamento perché tiene conto soprattutto dell’azione della micro-politica tra gli attori permettendo di aiutare a risolvere i problemi più acuti attraverso lo sviluppo di meta-competenze.

Nel caso del Progetto Qualità in Rete che ha visto coinvolti tre Circoli Didattici romani e due Circoli Didattici napoletani impegnati nella ricerca di un percorso originale di cambiamento organizzativo che individuasse soluzioni efficaci, il metodo Metaplan® è stato adoperato proprio in questa sua peculiare veste, come tecnica di analisi all’interno di un gruppo di miglioramento nel quale per la prima volta convergevano competenze, atteggiamenti, stili di pensiero, interesse diversi tra loro. I componenti del gruppo infatti erano rappresentanti e portatori di interessi e di valori diversi tra loro: c’erano insegnanti, direttori didattici, genitori, amministrativi, ausiliari. Attori di una realtà complessa quale è quella di una istituzione scolastica.

Lo scenario creato per il gruppo nel pieno rispetto dell’approccio Metaplan® ha centrato l’attenzione di ciascuno su input che guardavano dentro, si è voluto in altre parole far riflettere sulla propria volontà di esserci e di voler esserci nel cambiamento, ma non solo, anche su come esserci e con quali prospettive di impegno personale.

L’avvio della sessione Metaplan® è stata costituita da un pensiero aperto:


Riflettendo sulla mia scelta di partecipare a questo progetto penso ad una esperienza in cui
- vorrei ottenere...
- vorrei evitare...
- mi impegno a fare...

A questo punto la sessione Metaplan® si è andata sviluppando producendo scenari sempre più articolati e precisi frammentando e sfaccettando la questione in questioni sempre più specifiche nei loro elementi costitutivi e stimolando nel contempo partecipazione e coinvolgimento da parte di tutti.
Operativamente, dopo un primo livello di Brain-storming vincolato, il formato della sessione è passato da macro a micro, dalla forma di plenum in cui si fissano i task a sottogruppi di 12-15 persone e poi a micro-gruppi sempre più piccoli che hanno lavorato su task minori discutendo su singoli aspetti e su singoli problemi. Con i tipici strumenti di Metaplan®, tabelloni e cartellini, si sono strutturati quindi i sistemi di visualizzazione dell’intero processo comunicativo.

I partecipanti a questo punto hanno iniziato con lo scrivere le loro idee sui cartellini (non più di 6 parole in stampatello con marker neri!) che poi hanno affisso sui tabelloni grandi. Le idee una volta scritte e diventate di tutti sono state raggruppate e distinte in itinerari tematici secondari per una ulteriore fase di approfondimento.

La presentazione visiva implica che tutti possono appropriarsi della logica della discussione e possono quindi contribuire a tagliare, rielaborare, ordinare le soluzione elaborate. Tutti i cartellini sono presi in considerazione e così persino i più taciturni sono coinvolti nella discussione mentre i più estroversi sono obbligati a fermarsi per ascoltare gli altri.

L’intero processo, in questo caso, è stato gestito da un moderatore che ha controllato il fattore spazio-tempo sollecitando la produzione delle idee, stimolando il processo di analisi, favorendo la condivisione e la convergenza.

Ecco un estratto da un resoconto delle attività del gruppo di miglioramento nella fase di Metaplan®:

... si alternavano momenti plenari a momenti di lavoro in gruppi più ristretti mirati ad un compito, quest’ultimo , ma questo ci fu chiaro dopo, si rivelava quasi sempre un pretesto rispetto alle discussioni dove ci chiarivamo la necessitaˆ di ritornare alle cose stesse, ripensare le esperienze, costruire orizzonti comuni, nei quali i significati fossero esplicitati e condivisi. Ci scambiavamo opinioni e avevamo la sensazione che ognuno avesse messo a fuoco punti diversi rispetto agli altri... Nei piccoli gruppi avevamo il coraggio di uscire allo scoperto e di manifestare dubbi e perplessità, ma sempre nei piccoli gruppi abbiamo anche recuperato la dimensione della comunicazione e dell’ascolto.
... nelle discussioni sperimentavamo che l’ambiguità dei ruoli (vi erano genitori-insegnanti, insegnanti-genitori, direttori-genitori, non docenti, ecc.) l’incoerenza che ne derivava, il mettersi nei panni degli altri fossero tutte ricchezze e competenze da valorizzare. Riflettendo durante una sessione Metaplan® emersero due nodi tematici centrali, - l’opportunità di passare dalla pratica alla teoria e non viceversa; - la necessità di superare le molteplici barriere che ostacolano la comunicazione e l’informazione. Aver messo a fuoco il problema della difficoltà di comunicazione che risultava essere presente in tutte le nostre scuole ci indusse a ricercarne non solo le cause ma anche a trovarne strategie di soluzione...

é stato proprio così che è iniziato nel mese di Giugno del 1997 il viaggio del Gruppo di lavoro del Progetto Qualità nella Scuola Elementare, un viaggio alla ricerca della scuola, della propria scuola. Un viaggio lungo e ricco, faticoso ma appagante che è iniziato ma non ancora concluso. Un viaggio fatto di pensieri nuovi, di parole nuove ma soprattutto di incontri nuovi. Un viaggio che ha avuto come primo scenario, uno scenario Metaplan®.


http://scuola141roma.gioventudigitale.net/Qualita1999/Stum_mat.htm


mercoledì 10 dicembre 2008

Formazione e Comunicazione


Passando tra i vari blog sono rimasta colpita da un post scritto da Carlotta sulla comunicazione il feedback, e in particolare dove dice: "Il processo comunicativo ha una intrinseca natura bidirezionale, quindi il modello va interpretato nel senso che si ha comunicazione quando gli individui coinvolti sono a un tempo emittenti e riceventi messaggi".

Mi piace molto pensare la formazione con questa bi-direzione, come per mettere sullo stesso piano che parla e chi ascolta; come se volessimo dire che è importante ciò che dice l'esperto solo se chi lo ascolta lo capisce.


Tutto è comunicazione... non si può non comunicare; ecco allora l'importanza per un formatore di sapersi muovere dentro l'aula e davanti un uditorio, perchè ogni gesto parla.


Il blog di carlotta:.counicazioneeducativa.blogspot.com

mercoledì 3 dicembre 2008

Ambiente e motivazioni

FATTORI STRUTTURALI
Le ore di corso devono essere intervallate da dei momenti di pausa, perchè altrimenti la curva dell'attenzione cala e c'è il rischio di continuare a girare attorno al problema in questione, con un susseguirsi di interventi che si ripetono ed un pubblico di ascoltatori molto distratto e falsamente attento. La sistemazione del locale dove avviene l'incontro è un fattore spesso trascurato ed invece molto importante perchè l’aula stessa è comunicazione ed influisce sull'interazione tra le persone. Molto spesso i corsi vengono tenuti con i partecipanti disposti come pubblico tipo “teatro” e il coordinatore, come se fosse un attore, dall'altra. Questa sistemazione dei posti è giustificata se ci si trovasse proprio a teatro ma, in questa sede, ci sarà uno che parla e tutti gli altri che ascoltano.
FATTORI PSICOLOGICI
Esiste una serie di accorgimenti che il formatore deve tener presente in fase organizzativa e che è strettamente legata alle capacità possedute nell'area della sensibilità. E’ opportuno che, in fase preliminare, il coordinatore cerchi di prefigurarsi il tipo di persone o di atteggiamenti che più lo disturbano o che più lo "catturano", in modo da evitare al massimo errori di conduzione del gruppo, tipo entrare in "pairing" (cioe "battibeccare") con qualcuno o appoggiare una proposta solo perchè l'ha fatta una persona che è simpatica. E' buona norma preparare l'intervento di apertura calibrato sul gruppo che si avrà di fronte pensando soprattutto a che cosa dire e a come dirlo, con lo scopo di incentivare le motivazioni di ognuno a partecipare alla discussione, aumentando, così, l'appartenenza ad un progetto comune. E', in sostanza, indispensabile che tutti i membri del gruppo si sentano responsabili della riuscita di ciò che stanno facendo.

La gestione di un gruppo

Credo che la cosa più importante prima di parlare di tecniche di formazione si quella di capire come gestire un aula e quindi come coordinare un gruppo.

Un formatore può coordinare un gruppo almeno in due modi:



  1. limitandosi ad indire i vari corsi e a "dirigerli" come un sergente;

  2. tenendo presenti una serie di accorgimenti di pianificazione e di organizzazione sia per il momento antecedente l’incontro sia per quando il corso è in atto;

Non è difficile intuire che la seconda ipotesi sia da ritenersi più funzionale per il gruppo e gratificante per il coordinatore\formatore. Quando il coordinatore si appresta ad organizzare un corso è necessario che si prefigga come primo obiettivo la massima produttività ed efficacia del corso stesso e, quindi, tenga presente due fattori: quelli più propriamente strutturali (tempi, luogo ecc.) e quelli che potremmo definire "psicologici" (motivazioni, aspettative, processi e dinamiche di gruppo ecc.).

lunedì 24 novembre 2008

Warm-up



Benvenuto!Nasce oggi il blog sulla formazione in aula..che vuole raccontare le tecniche e i segreti della formazione!!!